ANTONIO SPADARO
A CHE COSA «SERVE» LA LETTERATURA?
Edizioni ElleDiCi - La Civiltà Cattolica
Leumann (TO)- Roma, 2002 - pp. 214 (13 euro)

PREMIO CAPRI 2002 (sezione CRITICA LETTERARIA)

PREMIO CROTONE 2002 (sezione GIOVANI CRITICI ITALIANI)

::  Quale il senso della letteratura per una vita umana? ::

Recensione/Intervista del Corriere della Sera

A che serve leggere un romanzo o una raccolta poetica? Anzi: a cosa «serve», in generale, la letteratura? Che farsene di parole scarse, e forse senza sole (S. Penna) o di qualche storta sillaba e secca come un ramo (E. Montale)? E' tutto qui il senso e il peso specifico della letteratura? Sarebbe essa dunque del tutto inabile ad aprire l'orizzonte verso mondi di significato? In realtà, se non si confronta con le tensioni radicali di una vita umana, la letteratura non «serve» a molto. Se un'opera di poesia o di narrativa non tocca queste tensioni è come un «cembalo che tintinna».

Essa infatti
riguarda la vita: «Mi interessa la poesia che parla di grandi questioni, questioni di vita e di morte, sì, e la questione di come stare al mondo» (R. Carver). La letteratura può rivelarsi un «cruento atto esistenziale» (B. Cattafi) che vive nello spazio di un ring. Con il testo, sia l'autore sia il lettore, sono cordialmente invitati a fare a pugni.

A cosa serve, dunque, questo saggio? A provare un bozzetto della letteratura. Non intende essere un trattato, ma una sorta di «cantiere» che vuole offrire materiali per la riflessione e l'approfondimento. L'unico tratto marcato dovrebbe risultare il seguente: la letteratura «serve» fondamentalmente a dire la nostra presenza nel mondo e, come uno «strumento ottico» (M. Proust), a interpretarla, a cogliere ciò che va oltre la mera «letteralità» e superficialità del vissuto.


La sola ragione d'essere di un romanzo
è di scoprire quello che solo
un romanzo può scoprire.
Il romanzo che non scopre
una porzione di esistenza fino ad allora ignota
è immorale

[ milan kundera ]


La verità della poesia è tensione espressiva, lotta con la parole che danno voce all’interpretazione della nostra presenza nel mondo. Il punto di partenza è la concretezza. Con i concetti astratti non si fanno storie. Ma la letteratura non è mai una copia anastatica del mondo. E' invece un modo di interpretarlo, cogliendone al suo interno il mistero. Il libro e la lettura sono complici insostituibili di un esercizio interiore. Su queste basi sarà possibile quindi riflettere sul senso della lettura critica, sia accademica sia militante, come anche del significato specificamente teologico dell’esperienza letteraria.

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