Handout della tesi di licenza in Teologia Fondamentale

"Non tantum lecturi sed facturi"

Riflessione teologica sul processo della lettura dei testi letterari

Antonio Spadaro S.I.

I. Le domande...

Separazione teologia/cultura (Bremond)

Si guarda molto all’atto creativo della produzione e della scrittura artistica, ma poco si dice circa la ricezione dell’atto creativo. Cosa significa "capire" un grande autore in modo da non finire per constatare l’inutilità della propria biblioteca perché senza alcuna relazione con il proprio mondo? La questione centrale che occupa le pagine seguenti si muove sostanzialmente all’interno di questa grande domanda e, in particolare, chiede se è possibile elaborare un modello teorico capace di dare ragione del valore teologico dell’atto della lettura dei testi letterari.

II. Nel panorama degli studi teologici sono apparsi, specialmente negli ultimi quarant’anni vari saggi e ricerche su teologia e letteratura. Si tratta in genere o di letture teologiche di autori in qualche modo religiosi, dove la dogmatica cristiana fa da guida alla lettura dei testi, oppure contributi più teoretici sull’ispirazione creativa o il testoletterario. Poco spazio è stato dedicato invece al ruolo del "lector in fabula" e al significato teologico del processo della lettura. La mia tesina intende occuparsi proprio del rapporto tra teologia e letteratura dal punto di vista non dell’opera, ma del lettore per individuare i contorni del "discerning reader", come è stato di recente definito.

La questione del valore teologico della lettura in realtà è molto antica e coinvolge il valore della lectio divina fino alle soglie del XIII sec. e poi la lettura spirituale e lo studio proprio della scolastica. G. Vattimo riconosce nella tradizione della lettura biblica l’attestazione della possibilità di un tipo di lettura di un’opera letteraria, di un’ermeneutica che non pretende di appropriarsi del suo oggetto ma accetta di muoversi all’interno di esso, lasciandosene sempre trascendere. La lectio della tradizione occidentale legata alla Bibbia considera questo il Libro come un mondo di significati nel quale abitare.

Si tratta di recuperare l’intuizione, sedimentata nel Didascalicon, che ha legato la lettura all’esperienza spirituale e svilupparla nel senso di quest’ultima. Il testo così può essere inteso non come "galleggiante" sul libro, ma insito in esso e capace di farsi attivo e illuminativo grazie all’occhio del lettore. Si tratta allora di descrivere il processo di lettura come interazione dinamica fra testo e lettore e di come questa interazione possa avere valore teologico.

III. Il punto di partenza dell’analisi è costituito da un previo "guardarsi intorno" tra le teorie della lettura che ci aiuti a chiarificare il processo della lettura e il ruolo del lettore in questo processo. La lingua letteraria arricchisce il messaggio di significati supplementari, lo sovraccarica di valori emotivi, sentimentali, ideologici, consentendogli, cosí, una straordinaria ricchezza di significato che si rinnova ogni volta che il testo viene letto. Si apre così lo spazio dell’ermeneutica.

La lingua letteraria arricchisce il messaggio di significati supplementari, lo sovraccarica di valori emotivi, sentimentali, ideologici, consentendogli, cosí, una straordinaria ricchezza di significato che si rinnova ogni volta che il testo viene letto. Si apre così lo spazio dell’ermeneutica.

Gadamer ricade, per altra via, in quello stesso inconveniente che egli aveva riscontrato in Schleiermacher. Se egli critica nell'ermeneutica storicistica il tentativo di conseguire una contemporaneità tra interprete e testo che viene raggiunta mediante l'applicazione di un metodo costruttivo, il concetto di "fusione di orizzonti" suggerisce poi di fatto proprio quella stessa contemporaneità di interprete e testo, perché Gadamer salta la differenza storica dei diversi mondi di senso, ed elimina il processo dialogico dell'interpretazione come confronto con ciò che è tramandato. Ma, con ciò, viene anche eliminata quella differenza storica tra passato e presente che può fondare l'interpretazione in quanto relazione dialogica tra interlocutori diversi: l'interpretazione dovrebbe condurre innanzitutto alla presa in considerazione della differenza storica mediante la chiarificazione dei mondi diversi, che rende poi possibile un adeguato confronto. Gadamer di fatto ha raggiunto lo stesso risultato di Schleiermacher: si tratta pur sempre di conquistare una certa contemporaneità con il testo da interpretare.

Ciò che però in questo modo va totalmente smarrita è la differenza specifica dei mondi di senso rappresentati dall'opera e dai suoi interpreti, la peculiare dialogicità del comprendere. La comprensione di un'opera d’arte è insomma un dialogo tra un soggetto del presente e uno del passato, nel quale il secondo, cioè il testo, ha ancora qualcosa di nuovo da dire solo se il soggetto del presente riconosce e pone la risposta implicita nel discorso del passato come risposta a una domanda che deve essere trovata ora e per opera sua.

Invertendo la prospettiva gadameriana, Jauss riconosce quindi la storicità come la dimensione propria esclusivamente dell'interprete. Il fatto che sia venuta meno la continuità di presente e passato, non sprofonda tuttavia quest'ultimo nell'inattingibilità, ma ne enfatizza l’alterità: solo sullo sfondo di questa può essere letta la radicale novità di un presente che non è più soltanto la realizzazione di un’aspettativa. Ciò determina, per Jauss la centralità funzionale della coscienza in quanto luogo nel quale si realizza la mediazione dinamica dei diversi orizzonti; è grazie alla temporalità della coscienza che questa mediazione può essere compiuta: comprendere diviene possibile a partire dal riconoscimento dell'alterità.

Per Pareyson la lettura è sinonimo di "esecuzione". L’opera d’arte compiuta appare tale a chi la legge, cioè a chi la "esegue". Vi è interpretazione solo se l’intento dell’interprete è di "voler lui stesso eseguire l’opera in sé, sí che la sua esecuzione sia l’opera stessa, da lui resa presente e viva, e insieme la sua interpretazione dell’opera".

Per Iser l’opera letteraria ha due poli: quello artistico e quello estetico: il polo artistico è il testo dell’autore e quello estetico è la realizzazione compiuta dal lettore. Il testo offre una guida riguardo a ciò che si deve produrre, e quindi non può esso stesso essere il prodotto e questo nonostante molte teorie diano l'impressione che i testi si stampino nella mente del lettore automaticamente e spontaneamente. La lettura non è una diretta "interiorizzazione", perché non è un processo a senso unico. Si tratta allora di descrivere il processo di lettura come interazione dinamica fra testo e lettore.

Il significato di un testo è solo potenziale, fino a quando non viene realizzato dal lettore. Il significato di un testo letterario è un avvenimento dinamico. È chiaro dunque che in questa prospettiva il rapporto testo/lettore è diverso da quello che incorre tra un soggetto osservatore e un oggetto. Il testo non si dà nella propria totalità e il lettore/osservatore non ne percepisce simultaneamente l’insieme. Il problema consiste nel fatto che il testo intero non può essere percepito in un solo istante. Questo modo di afferrare un oggetto esiste solo in letteratura.

Il punto di vista errante del lettore è, allo stesso tempo, afferrato e trasceso dall'oggetto che deve essere appreso. L'oggetto estetico non può essere identificato con alcuna delle sue manifestazioni durante il flusso temporale di lettura. L'incompletezza di ciascuna manifestazione richiede delle sintesi, che a loro volta provocano il transfert del testo

Ogni momento articolato di lettura comporta un mutamento di prospettiva, e questo costituisce una inseparabile combinazione di prospettive differenziate, ricordi disegnati in prospettiva, modificazioni presenti, e aspettative future. Così nel flusso temporale del processo di lettura, passato e futuro convergono continuamente nel momento presente, e le operazioni di sintesi del punto di vista errante consentono al testo di passare attraverso la mente del lettore come una rete di connessioni. Questo aggiunge anche la dimensione dello spazio a quella del tempo, perché l'accumulazione delle vedute e delle combinazioni ci dà l'illusione della profondità e dell'ampiezza, così che abbiamo l'impressione di essere effettivamente presenti in un mondo reale.

La coscienza è quindi il punto in cui autore e lettore convergono e noi possiamo introdurre i pensieri di un'altra persona nel nostro primo piano soltanto se essi in qualche modo fanno riferimento al retroterra virtuale dei nostri orientamenti (diversamente essi sarebbero del tutto incomprensibili). Il senso dell'opera, quindi, non risiede nel significato sigillato all'interno del testo, ma nel fatto che quel significato provoca ciò che era stato precedentemente sigillato dentro di noi.

Attraverso la linea Schleirmacher-Gadmer-Ingarden-Jauss-Bachtin-Iser si comprende come il lettore è il luogo del significato del testo. Egli è intimamente implicato nel testo che legge e il senso del testo non risiede nel significato "sigillato" all’interno del testo, ma nel fatto che quel significato provoca ciò che era stato precedentemente "sigillato" nel lettore.

IV. Alla luce di queste riflessioni è possibile chiedersi se qualche teologo abbia affrontato in qualche modo l’argomento del significato teologico della lettura (status quaestionis). Da una prima ricerca bibliografica sufficientemente attenta ho dedotto che nulla fino ad ora è stato detto o scritto in modo sistematico sull’argomento in quanto tale. Tuttavia, parlando dell’opera letteraria e dell’ispirazione creativa molti autori hanno implicitamente, o a volte anche esplicitamente, accennato all’argomento tra un ragionamento e l’altro.

Quindi ho scelto come primo autore significativo H. Bremond, il quale afferma che il mistico spiega il poeta, gettando un ponte tra l’esperienza poetica e quella mistica. Andando avanti su questa linea è possibile allora che questo parallelismo sia valido per il lettore di poesia e la persona che fa esperienza mistica o che si esercita spiritualmente. L’esercitante spiega il lettore, come anche è vero che proprio nell’esperienza della lettura la poesia può diventare preghiera.

J. Maritain prosegue la posizione di Bremond, affermando che l’opera tende a comunicare l’intuizione poetica che era nell’anima del poeta come conoscitiva della soggettività del poeta stesso e soprattutto della realtà a cui essa apre. Il lettore è colui che tende l’orecchio entro se stesso al risvegliarsi delle immagini e delle emozioni che il contatto col testo gli suscita: il lettore è implicato intimamente nelle pieghe del testo, impastato dentro come protagonista dell’evento creativo. Il testo è come una finestra, che apre alla partecipazione alla conoscenza poetica attraverso la quale il poeta ha percepito un certo mistero unico nel mistero del mondo. Proprio perché l’intuizione poetica non ha alcun oggetto concettualizzato, la finestra del lettore si apre all'infinito nella sua infinita apertura alla ricchezza dell'essere e le cose così traboccano di significati.

Su questa linea avanza K. Rahner, il quale ci fa compiere un passo ulteriore, dicendoci che l’atto della lettura (compiuto da un uomo che è sempre radicalmente uditore in ascolto) all’interno di questo orizzonte di pensiero si configura allora come un atto di "discernimento" nel quale il lettore è implicato in prima persona come soggetto di lettura e nello stesso tempo oggetto di ciò che legge.

Evoca / Raccoglie / Colpisce il cuore / Unifica

Nel territorio dischiuso dall’analisi di Rahner si apre in maniera piena l'orizzonte dell'ermeneutica, al di là della semplice letteralità del vissuto. La parola poetica diviene così preambolare alla fede.

J. P. Jossua ha esplicitamente parlato di una grammatica dei segni di questo discernimento, una "grammatica teologica" che può essere intesa anche come grammatica orientata all'individuazione nel testo letterario delle metafore, delle figure di stile, dei giochi linguistici, capaci di suggestioni teologiche, vale a dire delle implicazioni teologiche della poetica stessa dello scrittore.

Mediatrice / Rigorosa / Liminare

Questo allora è il campo in cui l’atto della lettura assume valenza teologica: il lettore nell’atto della lettura può vivere una esperienza spirituale di tipo evocativo, dove immagini, metafore, associazioni, giochi di parole, indicano insieme la prossimità e l'inaccessibilità dell'assoluto e sono capaci di suggestioni teologiche. Si delinea una grammatica della lettura.

III. Se fin qui abbiamo reperito tracce e indicazioni sul senso del percorso, adesso si apre la strada verso l’elaborazione di un paradigma di lettura. Occorre tornare all’intuizione di Bremond, sostenuti da alcune riflesssioni di M. De Certeau: se la figura del lettore letterario è messa in luce da chi vive l’esperienza mistica, occorre, per sviluppare l’analogia scegliere un modello di spiritualità per ricavarne alcuni punti caldi di riflessione. L’esperienza che qui ho scelto è quella degli Esercizi Spirituali di Ignazio di Loyola. La fenomenologia di questa esperienza conduce ad individuare tre elementi centrali: l’esperienza del testo come "testo da farsi", l’immaginazione e il discernimento: il testo degli Esercizi è veramente se stesso solo se si gioca in una relazione comunicativa tra "direttore", esercitante e Dio. In questa relazione l’esercitante "agisce" il testo attraverso l’immaginazione, intesa come luogo in cui il mistero contemplato si rivela e nel quale è possibile operare un discernimento. Alla luce di questa esperienza si descriveranno con maggiore chiarezza tre aspetti di una lettura teologicamente rilevante del testo letterario:

1. La lettura come "azione" del testo

2. L’immaginazione come luogo di coinvolgimento del lettore

3. La lettura come atto di discernimento spirituale

 

Conclusioni provvisorie

Il testo è un luogo di elaborazione, dove entra in gioco l’uomo con le sue domande "grezze", non codificate, non linguisticamente articolate. Il testo articola un linguaggio attraverso il quale la materia prima, il suo essere e il suo interrogarsi si co-articola in un processo di chiarificazione e di discernimento.

Il testo dischiude possibilità del senso che si aprono nella sua relazione con il lettore. Il testo diviene una struttura comunicativa di relazione con il lettore, il quale a sua volta legge se stesso come testo nel processo che si avvia. Il processo della lettura aiuta a nominare il proprio desiderio, ad articolare la propria volontà: è un giardino che apre uno spazio al desiderio che prima era senza nome. Può anche de-regionalizzarlo.

Ciò che conta non è la verità di ogni momento, capitolo, sequenza, come se bisognasse percorrere la verità di un catechismo. La serie delle sequenze narrative o delle strofe poetiche non organizzano delle verità, ma delle operazioni, articolando non concetti, idee, pensieri, ma pratiche, esercizi. Questo permette il dispiegarsi di cammini diversi all’interno di uno stesso percorso (testo)

Il significato religioso di un’opera si dà solo attraverso la partecipazione attiva del lettore: essa è religiosa se stimola e concostituisce nel lettore l’esperienza religiosa della trascendenza. Considerando sempre che non è il soggetto religioso a fare un’opera religiosa, possiamo sperimenatre la situazione narrata in quanto siamo aperti e il nostro sguardo tende sempre anche al di là di essa.

Come la contemplazione mistica, così la poesia implica e sottende un contatto immediato con una realtà interiore: l’opera non è solo contemplata o letta: essa stessa mi legge. L’atto della lettura si configura come un atto di discernimento che può diventare anche preghiera. Il cristianesimo ha bisogno di parole che esercitino il "saper sentire", il "raccoglimento" e la letteratura ha il potere di far rientrare l’uomo in se stesso, senza alienarlo dal mondo, ma anzi facendo sì che egli porti con sé il proprio mondo in modo condensato, essenziale e simbolico.

Il libro in grado di compiere questa operazione non è affatto solo il libro che parla esplicitamente di soggetti religiosi. Il mondo intero è campo di lavoro di Dio che è all’opera, quindi è cosa buona che la letteratura prenda spunto dalla vita quotidiana, dalle sue passioni e le sue vicende.

Il lettore è invitato a tendere l’orecchio verso la propria interiorità, alle proprie immagini ed emozioni. Questo spazio spirituale è anche quello dell’incontro con la trascendenza divina e della sua autocomunicazione. L’autentica esperienza della poesia può essere esperienza rivelativa della Grazia.