Tondelli inedito
La letteratura è un fatto umano e, come la vita, non è mai un «corpo neutro»: si tratta di una lezione che lo scrittore Pier Vittorio Tondelli ha dato con lealtà e coerenza fino ad avvertire le proprie pagine, come leggiamo nel suo ultimo romanzo, Camere separate, con gelosia e vergogna: «Sente insomma quel libro, o altri che ha scritto, come il suo corpo spogliato. Non una emanazione di sé, una proiezione, un transfert, ma proprio, realmente, il suo corpo». Se questo non vale per altri scrittori, comprendere l'opera tondelliana significa necessariamente fare i conti con la sua personalissima sensibilità di vita. Spesso la dimensione scandalistica ha preso il posto di una lettura ponderata dell'opera dell'autore emiliano, citato più spesso a motivo dell'omosessualità che a motivo del valore intrinseco della sua opera.
In realtà, come ha acutamente scritto Claudio Piersanti, l'opera tondelliana non fa pensare alla specificità del rapporto omosessuale: nei romanzi di Tondelli non esiste omosessualità considerata come «problema», ma semmai sembra emergere una più generale esigenza di amore e lo scontro con la situazione esistenziale dell'abbandono (e qui sta anche il suo valore universale), al di là degli stereotipi.
Da dove partire allora per una lettura adeguata? Procedere dalla prima raccolta di racconti, Altri libertini, può essere cronologicamente corretto, ma non rende ragione delle radici della sua scrittura. Al contrario, qui propongo di partire dalla fine per cogliere i fili sotteranei che scorrono tra le pagine: temi come l'abbandono, il «bug» metafisico, la sensibilità religiosa costituiscono una chiave di lettura «forte» della sua intera produzione letteraria.
In particolare la sensibilità per il fatto religioso è un motivo di sottofondo, che emerge in vari luogi della produzione tondelliana, come ho illustrato in alcuni articoli ne La Civiltà Cattolica. Fin qui siamo nel noto. Ma, grazie all'analisi dei testi inediti e delle carte personali, compiuto nel pieno rispetto della riservatezza e delle volontà dei familiari, è possibile compiere un viaggio alla ricerca di queste tracce di religiosità profonda che fanno comprendere i significati radicali dell'ultima stagione artistica tondelliana, prematuramente troncata.
Troviamo una pista significativa in una lettera alla propria maestra elementare, Wanda Gherpelli, che si era mostrata preoccupata del fatto che il suo ex alunno si fosse messo «sulla cattiva strada», Tondelli scrive:
«Carissima Wanda,
ti ringrazio d'esserti ricordata di me.
È un segno di grande attenzione e di affetto che mi lascia commosso. Vorrei tranquillizzarti: non cerco né gloria né la cattiva strada. Se avrai la pazienza e la benevolenza di leggere qualche pagina del nuovo romanzo ti accorgerai di come io stia maturando e &endash; da certi punti di vista - crescendo.
Io credo - sinceramente - che stiamo percorrendo la stessa strada, così come tanti altri milioni di persone di buona volontà - l'Unico problema è che veramente le vie della salvezza sono infinite così come i cammini della Provvidenza. Io credo che, sebbene su percorsi un tantino differenti - differenti come gli uomini - camminiamo con lo stesso passo.
Tu non lo crederai ma - che lo abbia voluto o meno - ho fatto del bene e portato a molti "emarginati" che mi hanno scritto e cercato in tutti questi anni la forza di cercare un riscatto umano, la volontà di essere se stessi al di là dei giudizi della gente.
Alcune persone hanno trovato in alcune pagine una ragione per andare avanti e dare un senso alla propria vita. Ti sembrerà strano, ma è andata proprio così. Vedi dunque che tutto dipende dalla imperscrutabile volontà dell'Altissimo.
Con tanto affetto Pier Vittorio T.»
Vari sono anche i libri religiosi che costituiscono un punto di riferimento. Innazitutto la Bibbia. Come il protagonista di Camere separate che con «la sua mano cerca nella libreria, automaticamente la Bibbia». così Tondelli aveva avuto in mano sin da giovanissimo la Bibbia, che utilizzava anche come luogo di annotazioni personali. Ad esempio, tra le pagine della sua copia usata nei campeggi parrocchiali troviamo segnate anche due poesie giovanili e acerbe. Una è dei suoi diciotto anni e reca la data del 19 settembre 1973:
Noi siamo i vinti. Noi che non sappiamo amare e viviamo di sogni e il tempo dell'illusione svanire lasciandoci tentennati nel nostro dolore. Noi che affidiamo ogni nostra decisione al bizzarro rotolare di una moneta incapaci di ergerci. Non sono i vinti che si crogiolano nella nostra malinconia e si inebriano di dolcezze struggenti nel pensiero del passato e del futuro. Sì noi che ancora non abbiamo capito che Dio è dalla nostra parte e non nutriamo speranza.
L'altra è senza data:
Ti svegli un mattino con la nausea nei polmoni e la bocca così amara perchè tanto hai parlato e i tuoi occhi l'hanno vistaŠ la felicità, ma ora è giorno e delle ore di stanotte non sai che fare, sì delle filosofie e senti un gran vuoto nella testa.
Il rapporto con i testi religiosi è documentato dai volumi raccolti nella biblioteca personale dello scrittore. Tra questi ne troviamo uno recente, del 1984, un po' consunto dall'uso e annotato. Si tratta di un volume di Adriana Zarri dal titolo Nostro Signore del deserto. Teologia e antropologia della preghiera. Nella prima pagina del volume Tondelli annota a matita: «parlare della preghiera è parlare dell'amore. Per questo Camere Separate non può tralasciare questo discorso quando affronta la parte della solitudine e del silenzio. Leo è votato a amare il tutto». Questa annotazione di Tondelli dà ragione della ispirazione religiosa di Camere separate. Solitudine, silenzio e amore, parole che nella annotazione risultano anche sottolineate, si congiungono naturalmente con l'idea religiosa della preghiera, che è, some sottolinea Tondelli nel libro della Zarri, «uno stato, un abito, un atteggiamento esistenziale, un modo di essere, una vita». E ancora: «il silenzio è l'ascolto, la solitudine è l'attesa; entrambi sono l'accoglienza, come una conca recettiva che si colma, un utero vuoto che concepisce. [Š] pregare non è dire, ma [Š] fare posto alla Parola silenziosa che Dio pronuncia, nel centro profondo di se stesso».
Così, sottolinea ancora Tondelli, «come l'amore non cessa quando si cessa di "fare l'amore", ma resta e invade tutta l'esistenza, così la preghiera non si interrompe quando si termina di "fare orazione": se ne interrompe appena un affiorare espressivo: si cessa di dire preghiere e si permane, noi stessi preghiera viva». Qui si trova l'origine di una delle menzioni esplicite della preghiera nel testo di Camere separate. Tondelli annota ancora a matita: «Leo non ha mai smesso di pregare» e sottolinea: «dovunque e in nessun luogo». Gli si addice «quella liturgia esistenziale che è la vita medesima», frase sottolineata che Tondelli citerà letteralmente nel suo romanzo. La preghiera è l'esperienza nella quale la vita del cristiano viene in qualche modo assorbita dalla vita di Dio, senza confusione, ma senza separazione.
Leo legge la Bibbia e, di preferenza, i profeti Isaia, Geremia e Osea: predilige il linguaggio innamorato e adirato di Dio in Osea, riflette «sulla metafora per cui Dio sceglie di concepire il suo popolo dal ventre di una prostituta» e «considera il fatto che Dio si rivolge al figlio con il linguaggio dell'innamorato, quando lo vede chinarsi sul piccolo Israele per insegnargli a camminare, tenendolo per mano» o anche percepisce l'ira di Dio per il tradimento e la sordità con cui il suo amore viene ricambiato. Lo sfondo di questi richiami biblici è quello della supplica di penitenza: essi sono annotati a matita da Tondelli nella propria copia di Nostro Signore del deserto, lì dove l' autrice affronta il tema della preghiera penitenziale.
Questo in Camere separate è per Leo preghiera: egli avverte «la presenza del sacro come qualcosa di tangibile nella realtà, qualcosa su cui il suo sguardo si posa con devozione». Ma rimane una preghiera «in piedi» e non «in ginocchio», come si potrebbe dire citando un pensiero di Wittgenstein sottolineato a matita da Tondelli nella propria copia di Pensieri diversi: «Non posso inginocchiarmi per pregare perché ho, per così dire, le ginocchia rigide. Avrei paura della dissoluzione (della mia dissoluzione) se mi ammorbidissi».
Uno degli ultimi libri che lo scrittore emiliano lesse, se non proprio l'ultimo, fu la Traduzione della prima lettera ai Corinti di Giovanni Testori e attraverso i brani sottolineati e le note faticosamente prese a matita sul testo, possiamo intuire quale fosse il suo itinerario interiore degli ultimi giorni: il pensiero di Cristo e della sua carne inchiodata alla croce, l'impossibile trionfo della morte, la nostra conoscenza frammentaria, la resurrezione,... In questo testo troviamo alcune note scritte a matita e con grafia incerta a causa delle difficoltà alla vista. Alla fine del capitolo quarto leggiamo proprio un appunto sulla propria messa di addio :
«Così arriverò alla Messa in Dies Natalis, quella a cui dentro o fuori la basilica dei Santi Quirino e Michele porteranno il mio corpo scarnificato. Da una parte mi piacerebbe la sontuosità, che il feretro venisse portato a mano fin davanti alla scalinata e adagiato in terra e tutto il Credo della Messa di S. Cecilia di Gounod, con i tromboni, i timpani, i piatti... o all'opposto il Miserere degli improperi dell'Asioli che mi sono sempre piaciuti».
Il proprio funerale è definito «Messa in Dies Natalis», espressione che è tradizionalmente usata dalla Chiesa cattolica per indicare il giorno della morte e della «nascita al cielo». Nei pochi appunti che abbiamo di Sante Messe si parla di santità e di illuminazione, di "Via della Croce" e di carità e testimonianza. Alla fine del terzo capitolo della Traduzione del testo paolino Tondelli segna:
«Oggi 14 settembre 91 giorno del mio 36° compleanno ho provato l'umiliazione della croce e della madre dell'innocente. La vergogna. Voglio stare chiuso in questa stanza e non uscirneŠ È una giornata di festa e di Grazia per la Chiesa, la gloria del parto di redenzione. Ma io sono sopraffatto nei miei errori».
Non si tratta solo di un uomo ormai distrutto che si rivolge alla fede come ultimo appiglio. Già in una intervista rilasciata a Michele Trecca Tondelli aveva detto che la radice dell'amore per la vita non è del libertino: «Io penso che chi ama la vita non sia un gaudente, il libertino ma il monaco perché questi cerca l'assoluto». In un altro appunto si legge:
«7-8 settembre notte
tutta questa ricerca del passato, questo ossessivo andare all'indietro e ricordare particolari apparentemente insignificanti, questa felicità anche del ricordo, se è servita a alleviare il senso di colpa e di nuovo a capire le ragioni della vita ora, improvvisamente, parlando con G. non basta più, ora è un intoppo, una stupidaggine. È vero. Io ho sempre pensato che la scrittura avrebbe potuto, magari in anni e col lavoro, "salvare" la storia miserrima [...] (la mia) in un canto epico ... (un epos). E forse ci sarei riuscito [...]. La letteratura non salva, mai tantomeno l'INNOcente [così nell'appunto]. L'unica cosa che salva è la Amore [parola inserita successivamente] fede e la ricaduta della Grazia».
Colpisce l' assonanza, non sappiamo se solo casuale, con quanto aveva scritto J. Cocteau: «La letteratura è impossibile. Dobbiamo uscirne. È inutile cercare di uscirne per mezzo della letteratura; solo l'amore e la fede ci permettono di uscire da noi stessi». La notte seguente, tra l' otto e il nove settembre del '91, Tondelli annota nella Traduzione:
«h. 4, 15
quello che il destino mi ha poi riservato non è stato tanto, come avrei creduto, un percorso o, forse una evoluzione verso l'assoluto della scrittura e della finzione più alta [qui il testo è barrato e sostituito con] letteratura, quanto un ritorno rovente al mondo del mio primo libro al punto da dividere, di quelli che hanno in sostanza solo dei personaggi [il testo in sottolineato è interpolato], coerentemente alla mia natura di scrittore la stessa purtroppo vera e ora sì reale, vissuta, sorte tanatologica»
Non si tratta solo di una questione di forma: Tondelli, alla fine della propria vita, ancora riconoscendosi nelle pagine del suo primo libro di giovani "belli e dannati", compie un «ritorno rovente» a quel mondo, condividendo in maniera «purtroppo vera e ora sì reale, vissuta» la stessa sorte estrema dei suoi personaggi. Alla fine non c'è la letteratura intesa come «finzione», ma il vissuto bruciante. E' come se si chiudesse una parabola: è da qui che bisogna partire per avventurarsi nell'opera tondelliana, dal suo senso ultimo e definitivo, per comprenderne in modo «bruciante» le origini.
Negli appunti di Sante Messe colpisce l'ultima frase: «La Preghiera continua, le suore che alle 3 dicono le lodi, c'è qualcuno che prega per teŠ». L'ultima lettera di Tondelli, ormai a tratti cieco, all'amico Fulvio Panzeri si conclude con «Tuo fratello in Cristo, Pier».
La "vita separata" è potentemente nostalgica di una dimensione totalmente-altra, in cui ogni muro di separazione crolla e con esso l'angoscia di una vita senza pienezza, dimensione rincorsa con il viaggio e mai raggiunta. E tuttavia, al di là del raggiungimento che non è dato, vibra la situazione dell'attesa: la malinconia non ha pronunciato l'ultima parola. Il vuoto aperto dalla separazione non sprofonda in se stesso, ma rimane, nel desiderio, cifra di un futuro, di ciò che può colmarlo, come leggiamo in Rimini: «Ho sempre cercato 'tutto' nella vita: la verità e l'assoluto. Ho sempre detestato la gente soddisfatta».