Le linee biografiche essenziali di

Pier Vittorio Tondelli

 

di Antonio Spadaro

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Le linee biografiche essenziali di Tondelli registrano una esistenza strettamente legata alla pratica della scrittura. Nasce a Correggio il 14 settembre del 1955. Vive la sua adolescenza nell'ambiente cattolico, in particolare nelle comunità giovanili dell'associazionismo. Sono a volte molto interessanti i suoi interventi sui giornalini di gruppo come Noi...Noi e gli altri, periodico degli «aspiranti» di Correggio e, in modo particolare, su Spazio aperto, supplemento di Momento ACLI ciclostilato in proprio a Correggio, nel quale Tondelli curava la sezione delle recensioni culturali. Frequenta il liceo classico di Correggio. In questo periodo cura la riduzione teatrale del Piccolo Principe di Saint-Exupéry per il teatrino dell'Istituto Contarelli.Dopo il liceo si iscrive al DAMS di Bologna, laureandosi con una tesi sulla letteratura epistolare come problema di teoria del romanzo, avendo come relatore il prof. Paolo Bagni. In «Appendice» alla tesi sono riportati alcuni testi che possono dare un'idea di alcune delle sue letture: J.J.Rousseau, Giulia o La Nuova Eloisa; C. de Laclos, Legami pericolosi; Montesquieu, Lettere Persiane; W. Goethe, I dolori del giovane Werther; U. Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis. Nel testo compare anche un riferimento all' Anonimo Lombardo di Arbasino, testo sul quale Tondelli, intorno all'89, pareva avesse intenzione di scrivere un soggetto-romanzo.

Nel 1976 entra nel Comitato di Gestione del Teatro Asioli. Questi gli anni Settanta della vita di Tondelli, «anni molto cari e molto amati». In un racconto per la rivista Linus troviamo gli echi di questa giovinezza dai quindici ai venticinque anni, che approderà negli anni Ottanta al primo romanzo Altri libertini.

«Il ragazzo non avrebbe fatto parte di nessuna organizzazione politica dell'estrema sinistra, non avrebbe occupato scuole, avrebbe contestato il nozionismo degli insegnanti in modo individuale, avrebbe sfilato, qualche volta, in corteo per le strade del suo borgo, non si sarebbe mai azzardato a prendere la parola in un'assemblea. [...]. Avrebbe collezionato testi, poesie, romanzetti, diari e confessioni pubblicati da case editrici di cui ora non può ricordare il nome, ma che in quegli anni erano conosciutissime, e testimoniavano di una collettiva voglia di prendere la parola. Si sarebbe sentito in contatto con tutti i suoi coetanei, li avrebbe cercati iscrivendosi all'Università di Bologna, li avrebbe trovati solo per rendersi conto che la propria vita si sarebbe giocata in solitudine e avrebbe potuto unirsi agli altri unicamente attraverso l'esercizio solitario e distanziato di una pratica vecchia quanto il mondo, la scrittura. Avrebbe capito che non sarebbe mai stato un protagonista, ma semplicemente un osservatore.

Avrebbe praticato l'arte macrobiotica; la sua stanza avrebbe sempre profumato di incensi indiani e cinesi ed echeggiato la musica di Peter Gabriel, Leonard Cohen, Banco, Francesco Guccini, Tim Buckley, Claudio Lolli, Claudio Rocchi, Pink Floyd, Fabrizio De Andrè, Bob Dylan, Carol King, Patti Smith. Il giorno in cui Pier Paolo Pasolini fu ammazzato, si sarebbe raccolto in silenzio, a casa di un'amica, e insieme avrebbero ascoltato, commossi, un inno di Francesco De Gregori: Pablo. [...]. Avrebbe lavorato brevemente in una cooperativa teatrale, si sarebbe sbattuto per i programmi culturali di una radio libera, avrebbe dato il via a un cineclub. Avrebbe amato l'impegno del cinema americano degli inizi del decennio. [...]. Avrebbe, come tanti suoi compagni, lavoricchiato d'estate per potersene andare poi quindici giorni a Venezia, alle Giornate del cinema italiano (dette "il controfestival"); avrebbe partecipato alle Biennali i cui spettacoli costavano cento lire. Avrebbe visto tanti cinegiornali Luce, tante parate di regime, tante rievocazioni filmate di stragi e di attentati. Incontrò tante persone e ognuna riuscì a parlare alla sua immaginazione.

[...] La solitudine, la tristezza, la malinconia erano sentimenti che non lo spaventavano. Sapeva che ogni ragazzo della sua età li provava in quello stesso momento. Essere giovani, in quel decennio, significò una cosa importantissima: essere presi in considerazione, avere la consapevolezza che il destino della società si giocava (ed era giocato) sulle proprie spalle. I ragazzi erano la "piazza". Fu da questo giovanilismo imperante che nacquero, da un punto di vista esistenziale, le degenerazioni di quegli anni; proprio dal fatto di voler vivere la propria vita (e di essere autorizzati a farlo dalla violenza di stato) come un "assoluto avventuroso".[...]. Forse, di quegli anni, quel ragazzo e io rivorremmo un po' di progettualità e di tensione ideale».

Nel 1980 pubblica la sua prima opera, Altri libertini, generando scandalo e condanna per le sei storie di giovani narrate in presa diretta in un linguaggio immediato ed emotivo. Nel 1982 esce Pao Pao, romanzo sentimentale sulla vita in caserma. Due anni dopo scrive in varie stesure la sua unica opera teatrale, Dinner Party. Nel 1985 Tondelli scrive Rimini, un romanzo di ampio respiro in cui si intrecciano sei vicende di personaggi «senza qualità», ambientato in una città che diviene «palude bollente di anime», in cui la gente «cuoce e rosola». L'anno seguente pubblica, in una edizione limitatata un po' underground, Biglietti agli amici, un «distillato di "posizioni sentimentali"» rivolte a pochi in uno spazio intimo e riservato. Nel 1989 esce l'ultimo romanzo, Camere separate, il romanzo dei sentimenti sul filo della memoria, in cui è cifra di comprensione l'esperienza della separazione, dell'abbandono e del desiderio di addomesticare una solitudine ineluttabile. Ma Tondelli è anche autore di un considerevole numero di articoli e brevi racconti poi confluiti in un progetto realizzato in due volumi: Un Weekend postmoderno (1990) e L'Abbandono, uscito postumo a cura di Fulvio Panzeri, erede testamentario dell'opera di Tondelli, nel 1993. Nel primo volume il «cine-occhio» tondelliano registra attraverso il filtro del discernimento, fine quanto pienamente e inoggettivamente coinvolto, frammenti, reportage, illuminazioni sulla realtà degli anni Ottanta. Nel secondo volume lo sguardo attraversa paesaggi e frammenti umani in forma di racconto interiore. Tondelli è anche l'ideatore di un progetto che intendeva sondare lo spazio inesplorato della scrittura giovanile, progetto che lo ha visto curatore di tre antologie di testi di giovani narratori inediti (Giovani Blues del 1986, Belli & perversi del 1987, Papergang del 1992), curatore di una serie editoriale non molto fortunata di Mondadori dal titolo "Mouse to Mouse" e ideatore della rivista di narrativa Panta. Il giovane autore muore nel 1991 all'età di trentasei anni.

Si tratta di una vita in cui la sostanza sembra essere data dalle sfumature e dai toni, più che dai colori e dalle note. Queste sfumature e questi toni sono diversi, così come diversi tra loro e originali sono i "nomi" con i quali Tondelli viene indicato dai vari amici che lo hanno conosciuto: "Pier", "Viki", "T.", P.V.T. Sfogliando le immagini pubblicate sul numero della rivista Panta a lui dedicato dopo la sua morte, si rimane impressionati dalle fotografie che nel tempo gli sono state scattate; il volto è quasi irriconoscibile tra una foto e l'altra: dalle foto del Tondelli giovanissimo si passa a quelle del 1979 con capelli lunghi e occhiali alla John Lennon, con barba e baffi, a quelle scattate all'osteria «Da Aroldo» o davanti al teatro Asioli di Correggio, a quelle dell'85 con un look più recente fino a quelle più più enigmatiche e a volte malinconiche dei trent'anni e del soggiorno milanese. Tutto ciò è segno di una liquida complessità, che poi è quella della sua scrittura, della sua vita e del suo carattere. Il Tondelli dal riso scoppiettante portava in sé anche qualcosa di inquietante. Il suo desiderio di stare con la gente si alternava alla propria natura di solitario e a volte anche riottoso e scostante. Un po' alla mano e un po' snob, dolce ma non sereno, ironico, frenetico ma a volte ripiegato su di sé «melanconico, contemplativo, solitario». In un racconto poi mai pubblicato troviamo un piccolo autoritratto: «scorbutico, nevrotico, ipersensibile, piagnucoloso [ma poi qui Tondelli si pente e concella la parola] e permaloso». In lui ritroviamo «l'esuberanza dell'uomo d'azione da una parte, la perfetta malinconia dell'intellettuale dall'altra».