NARRATIVA, EDITORI, NON SOFFOCATE IL SUD

Intervista di Antonella Cilento ad Antonio Spadaro

(pubblicata su Il Corriere del Mezzogiorno - suppl. de Il Corriere della Sera, 6 aprile 1999)

scarica in PDF il saggio sulla giovane narrativa meridionale

 

Di recente a Napoli, ospite del convegno dedicato a Pier Vittorio Tondelli, padre Antonio Spadaro é una delle giovani voci critiche più autorevoli di questi anni. Si fecero subito notare i suoi articoli dedicati proprio al "libertino" Tondelli comparsi su Civiltà Cattolica in cui erano analizzati i rapporti fra sacralità e corporeità nell'autore correggese. In questi giorni esce ancora su Civiltà Cattolica un suo breve saggio dedicato alla letteratura meridionale intitolato "Esiste una specificità meridionale nella giovane letteratura italiana?", che mette a confronto le due più recenti antologie uscite sull'argomento, la "Luna nuova" curata da Goffredo Fofi (Argo ediz.) e "Sporco al sole", antologia di under 25 "sudìti" curata da Gaetano Cappelli, Michele Trecca e Enzo Verrengia.

 

Padre Spadaro esiste allora questa specificità meridionale?

Sì, è possibile ancora parlare di una narrativa meridionale con caratteristiche proprie. Le voci dei giovani "under" e "over" i venticinque anni registrati da Fofi e dai Books Brothers sono inconfondibilmente meridionali. Il primo livello di "meridionalità" è quello reperibile a livello di linguaggio creativamente inteso come un impasto tra lingua italiana, gerghi giovanili e dialetti. La prima riappropriazione della propria terra per i giovani narratori meridionali è dunque quella che avviene ad opera della lingua. In secondo luogo è anche possibile parlare di meridionalità come reinterpretazione dei modelli e dei simboli comuni a tutti i giovani autori italiani dal Piemonte al Lazio, dai migliori ai peggiori. In questa reinterpretazione il senso della tradizione è certamente l'elemento più pervasivo e caratterizzante.

 

Le due antologie hanno precise peculiarità, una, quella di Fofi, si oppone alla presunta "omologazione" dettata dall'industria letteraria del nord e cerca autori che ancora conservino le proprie radici, l'altra "Sporco al sole" sostiene che é meglio essere "omologati" piuttosto che "terroni" obbligati a raccontare solo di "corna, omicidi e comari": le radici, sostengono i curatori, sono nell'autonomia e nella sperimentazione. Che ne pensa?

Forse è impossibile dare una risposta definitiva alla questione: le due antologie presentano due mondi, due sensibilità, due prospettive differenti sul modo di vivere e narrare la meridionalità. Sono differenti ed entrambe necessarie. "Luna nuova" rende ragione delle radici resistenti al moderno e "Sporco ai sole" rende ragione del moderno rielaborato alla luce di quelle radici senza timore di contaminazioni. I risultati sono diversissimi, come lo sono tra loro i testi delle due antologie. La prima raccolta, se presenta testi maturi e di qualità, corre il rischio di una omologazione sui cliché più tradizionali e stantii; la seconda, se presenta testi più vivaci e innovativi, invece corre il rischio del balbettio giovanilistico. Il Meridione è plurale e risulta necessaria sia la ricerca delle radici più solide della capacità narrativa degli autori del Sud sia le indagini sul modo in cui la modernità, anche quella più commerciale e banale, incide nell'espressione dei giovani autori di queste terre e si trasforma in materia di racconto.

 

Ma non sarà che questo rifiuto ad essere identificati col cliché del meridionale mafioso sottintende una paura delle proprie radici?

No, escluderei radicalmente questo genere di paura. Forse queste radici più che generare paure mettono in rilievo prepotentemente il loro peso, la loro definizione, la loro insopprimibilità. In questo dò ragione a Fofi. Sono convinto che uno scrittore meridionale sia "costretto" a confrontarsi dialetticamente con le proprie radici. Non esiste una omologazione che si sottragga a questo confronto, il quale può essere un incontro o uno scontro. Le radici meridionali sono molto resistenti, così, ad esempio, come quelle padane così ricche e fertili. Ma è vero che i cliché imposti dai soliti triti e ritriti film sulla mafia pesano sull'immaginario del Meridione come macigni.

 

Lei ricorda nel suo saggio che all'esperienza di "Luna nuova" é seguita la raccolta "Raccontare Trieste 1998" a cura di Pietro Spirito, che é un casertano trapiantato a Trieste. Le iniziative "regionali" stanno crescendo: ne parlava al convegno su Tondelli anche Guido Conti, l'autore de Il coccodrillo sull'altare, che con la sua rivista "Palazzo San Vitale" promuove una ricerca sulle geografie letterarie in Italia. Ritiene che sia una strada vitale per la riflessione letteraria?

 

E' forse la strada più vitale. La provincia è uno dei luoghi più fertili di elaborazione culturale e Tondelli lo aveva ben compreso. La scrittura padana di Conti è vicina nei toni e nelle immagini alle scritture meridionali raccolte in "Luna nuova" e la domanda che questi testi pongono, come diceva Tondelli è se è possibile, oggi, narrare attraverso una lingua letteraria non contaminata dalla contemporaneità. Conti e Fofi sembrano rispondere di sì. In provincia c'è un'attenzione al nuovo e una voglia di sperimentare che spesso non ha riscontro nelle grandi città. Tutto ciò non ha niente a che vedere con tutti quegli svenimenti tipici della cattiva letteratura di provincia. La letteratura che racconta la provincia è forte quando la provincia diventa luogo di espressione delle radici della storia di tutti. In fondo anche se, ad esempio per Tondelli, i modelli sono altrove e soprattutto negli Stati Uniti, questi vengono italianizzati, anzi divengono parte della provincia. Tondelli, a mio avviso, non è mai andato via da Correggio.

 

Uno degli aspetti a mio avviso più rilevanti del convegno dedicato a Tondelli é stato che per due giorni si sono trovati a parlare rappresentanti di regioni, ma soprattutto di province differenti: siciliani, marchigiani, emiliani, pugliesi, lucani, campani. Non c'era affatto discontinuità in queste esperienze. Lei, in un precedente articolo, ha parlato dei giovani "picari" della letteratura settentrionale ed ora, in quest'ultimo articolo, conclude affermando che i picari meridionali (specie quelli di Sporco al sole) non sono poi così differenti: é così?

 

I racconti di "Sporco al sole" confermano la tendenza al picaresco della nostra giovane narrativa anche meridionale. L'antologia a cura di Trecca, Verrengia e Cappelli presenta volti di picari alle prese con il tempo presente attraverso i paesi e i paesaggi del Sud. Il "target" dell'antologia in fondo è quello dei giovani più o meno sotto i 25 anni di età che a loro volta scrivono racconti di formazione: tra vicende quotidiane, e a volte ben poco rocambolesche, il personaggio cresce e si forma generando una sorta di epopea demitizzata. Il nuovo picaro non ha funzioni sociali, né stabilità, vive in balia della sorte senza scrupoli, né misfatti, né ambizioni. Il reale è visto col senso dell'ironia e a volte del grottesco. Ovviamente nella descrizione della vita di un «picaro» spesso si fa un ampio quadro, anche in chiave critica, della società in cui vive e delle sue apparenze e a questo livello si innesta il quadro meridionale e la reinterpretazione originale dei modelli comuni alla letteratura del Nord.

A livello linguistico notiamo forti differenze di accenti e di lessico, ma l'operazione degli scrittori di "Sporco al sole" è molto simile a quella compiuta da una scrittrice giovane del centro, Silvia Ballestra che con l'«anglopescarese» dei suoi personaggi ha generato un impasto linguistico che miscela italiano «colto», anglismi e forme dialettali, un codice comunicativo che sembra essere una nuova koinè. L'immaginario giovanile ha poi bisogno di vari materiali per trovare una espressione. I libri dei giovani, anche dei giovani del Sud non nascono da altri libri, ma dalla necessità di rispecchiare una condizione possibile solo attraverso il rock, le discoteche, l'immaginario prorompente dei fumetti e dei videoclip. Insomma via il Bembo, a forza e a spintoni, quel Bembo che è responsabile dell'estraniamento dalla realtà della nostra lingua letteraria. La lingua assume uno spessore morale e interpretativo della realtà, della memoria e dell'immaginario.

 

In queste due antologie ci sono campani, pugliesi, siciliani. Mancano i calabresi e lei lo sottolinea. Perché?

Sottolineo questa assenza perché è grave che non ci siano voci giovani che diano espressione a una regione, la Calabria, aspra, introversa e affascinante. Esistono valide editrici calabresi che tuttavia non sembrano avere spazi nelle librerie. Non c'è nulla che al Sud assomigli, nel bene e nel male, a editrici piccole ma agguerrite come Transeuropa, che è pure una editrice marchigiana e dunque di provincia.

 

Quando parla della letteratura meridionale e meridionalista nel suo saggio, cita il Gattopardo come esempio di collegamento fra la realtà meridionale e i grandi temi della letteratura del Novecento. Silvio Perrella sottolineava, durante il convegno su Tondelli, che se c'é una tradizione non interrotta é proprio quella siciliana: Sciascia si specchia in Pirandello, Tomasi di Lampedusa in De Roberto... La tradizione siciliana é davvero un "a parte"? Quali sono gli autori meridionali contemporanei che le sembrano più rilevanti? E i loro padri (o madri) chi sono? Chi non le piace per niente?

Il Sud d'Italia è il grande assente dalle voghe letterarie giovanili di questi nostri anni. Le nuove firme della narrativa italiana sembrano sostanzialmente provenire dal Centro-Nord. Eppure l'Italia è lunga e le radici culturali del nostro Paese sono variegate e per nulla omologabili. Dalla seconda metà dell'Ottocento il mondo naturale e sociale del Sud fu oggetto di rappresentazione letteraria con autori come Verga e Capuana. Si trattava della rappresentazione di un mondo sociale e naturale segnato da paesaggi aridi e assolati, dalla natura spesso forte e violenta, da una realtà contadina basata sulle strutture feudali. Fra gli anni Trenta e Quaranta troviamo una varietà di toni e declinazioni: dal forte simbolismo di Vittorini e dai suoi «astratti furori» alla stringente dominante politico-sociale di Silone con un invito all'impegno. Non è trascurato l'uso degli strumenti d'indagine sociologica, antropologica ed economica di coloro che, come Silone, Jovine e Carlo Levi, militarono direttamente in politica. Ma in questo panorama non può non emergere appunto Giuseppe Tomasi di Lampedusa che con il suo Gattopardo ha collegato la rappresentazione della realtà meridionale alla grande tradizione letteraria del Novecento e ai suoi temi del senso di inesorabile decadenza di tutte le cose, della morte, del mondo dell'introspezione. La storia della nostra letteratura del Meridione presenta dunque sin dal'inizio volti non univoci che oscillano tra simbolismo, introspezione e realismo. Questi sono e rimangono più o meno i modelli di autori come Roberto Alajmo, Giosuè Calaciura, Domenico Conoscenti, Francesco Piccolo, gli autori di "Luna nuova". I modelli di questi scrittori meridionali sembrano essere italiani e non americani come per i giovani scrittori del Centro-Nord. Se invece consideriamo i racconti di "Sporco al sole" non possiamo che far riferimento a modelli di importazione e, come dicevo, a contaminazioni con espressioni musicali, fumettistiche e da videoclip. Un testo interessante è quello di Annalucia Lomunno che in "Sporco al sole" pubblica un testo che impasta il sedimento latino del tarantino con la cadenza dialettale che tronca le finali, generando una lingua vagamente rockeggiante.

 

Gaetano Cappelli ( ) fra gli autori siciliani troppo vicini al cliché meridionale citava Silvana Grasso. (...) L'ha letta? Cappelli ha ragione?

Se diamo per buoni i criteri di Cappelli, ne consegue che la Grasso è vicina ai cliché meridionali classici. Ma questo non vuol dire nulla. La Grasso registra una visione del Sud che non è quella di Cappelli.

 

Per finire, secondo lei su che basi il dibattito letterario può riaprirsi al Sud?

Le dinamiche proprie dell'editoria e della distribuzione non sembrano fino ad oggi aver dato spazio sufficiente alla creatività dei giovani del Sud. Questo è uno dei motivi per cui le loro voci non sono così presenti nel panorama nazionale. L'operazione compiuta dai curatori di "Sporco al sole" è ispirata esplicitamente al tipo di laboratorio immaginato dallo scrittore emiliano Pier Vittorio Tondelli, dove il trasformarsi di un testo in libro è un'avventura di solidarietà, impegno e divertimento. Questa è una base essenziale per lo sviluppo di un dibattito letterario militante ed è ciò che mi sembra manchi al Sud: la presenza di iniziative in grado da una parte di superare la logica stantia e sterile del concorso a premi e dall'altro di farsi spazio a livello di visibilità nazionale.

Una seconda base è il confronto adulto e maturo con la tradizione, nella sua ricchezza e nella molteplicità dei suoi elementi. La tradizione è come iscritta nel codice genetico ed è impensabile non confrontarsi con quell'insieme di valori e simboli che danno corpo ad una visione del mondo, della vita e dei prodotti culturali, anche se questi sono Pulp fiction, Trainspotting o la musica dei Led Zeppelin.